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  1. In data 19/08/2016 13:06:30 a pubblicato
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    GIOIELLI MODENESI: I 4 BORGHI DA VISITARE

    Lavacchio


    Di grande interesse in questa antica frazione del comune di Pavullo nel Frignano, è la chiesetta cinquecentesca dedicata a Sant’Anna con il campanile posto nel mezzo della facciata. La prima menzione di Lavacchio risale al 1034. Fortificato a più riprese, diventa nel 1242 uno dei maggiori punti difensivi della zona. La località di Lavacchio è compresa della frazione di Niviano e trova il suo simbolo nella Torre del XIII secolo, ripristinata grazie al Circolo Culturale di Lavacchio. Lavacchio è famosa per murales, dipinti sui muri che caratterizzano il borgo.

    Torre Maina


    Il borgo di Torre Maina (Maranello) nella vallata del torrente Tiepido, è dominato dall’alta torre trecentesca che apparteneva a un organismo fortificato di cui restano avanzi di mura in ciottoli di fiume. La sommità è ora coperta da un tetto a due falde, ma rimangono ancora visibili i resti dei beccatelli dell’apparato a sporgere e le tracce dell’antica merlatura. La chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo, che ha il titolo di pieve, si eleva isolata sulla collina; risalente al X secolo, si presenta in forme tardo ottocentesche, con interno a tre navate e nell’abside un dipinto con i Santi Pietro e Paolo del modenese Luigi Manzini, attivo nei decenni centrali dell’Ottocento.

    Ospitale di Fanano


    Il nome della località deriva dalla presenza in loco, nel periodo medioevale, di un ospizio benedettino sul quale fu poi edificata la Chiesa Parrocchiale dedicata a San Giacomo.
    L’ospizio venne fondato, insieme al monastero di Fanano, da Sant’Anselmo che dal re longobardo Astolfo aveva ricevuto in dono il territorio di Fanano e di Sestola. Tre anni dopo, nel 752, Anselmo diede vita a un altro monastero a Nonantola. La strada che collegava i due monasteri benedettini, chiamata Via Romea Nonantolana, assunse un’importanza strategica di tutto rilievo, poiché permetteva il collegamento, attraverso il Passo della Calanca, con i ducati longobardi di Spoleto e di Benevento. La strada fu quindi percorsa da milizie, corti reali, viandanti, pellegrini che si recavano a Roma. Al decadere di Nonantola e all’affermarsi delle potenze autonome e rivali di Modena e Bologna venne meno l’unità dei territori nei quali la Via Romea Nonantolana si snodava. Ciò comportò il declino e la frammentazione del percorso, anche se un antico tracciato nei pressi di Fanano venne utilizzato per tutta l’epoca feudale divenendo la “Mutina Pistoria”, strada citata in un trattato siglato nel 1225 tra il Comune di Modena e quello di Pistoia.



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  2. In data 19/08/2016 11:18:00 a pubblicato
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    Torna a vivere la storica ferrovia Ceva-Ormea


    Quando si pensò di realizzarla, nel 1885, «bucando» le montagne che dividono la Granda da Imperia, l’intenzione era arrivare fino al mare. Con dieci stazioni. Ma all’ultima, Oneglia, non si giunse mai. Perché la linea ferroviaria Ceva-Ormea, nel frattempo superata nelle strategie della politica dalla futura Cuneo-Nizza, esaurì i binari nell’estrema val Tanaro. Non fu che la prima disavventura di una storia travagliata, fra proteste e tagli. Fino a quello, ritenuto definitivo, del 16 giugno 2012, con la sentenza delle Ferrovie: è un ramo secco, dunque va soppresso. Fra qualche settimana, però, il trenino tornerà a sferragliare in vallata. E tanti bambini lo vedranno per la prima volta. Come linea turistica.  

    Dopo il felice «esperimento» d’inizio febbraio, quest’anno le corse saranno cinque: domenica 11 e 18 settembre, il 16 e 23 ottobre e l’8 dicembre. Ogni viaggio sarà dedicato a un tema e una località in particolare, coinvolgendo associazioni e amministrazioni della vallata. Che al progetto lavorano da tempo, «marcando stretto» Regione e Fs. Per convincerle che l’itinerario tra Ceva e Ormea merita di essere valorizzato per natura, enogastronomia, arte, cultura, outdoor. 

    Prima su un carrello scoperto, poi sul convoglio di febbraio, Luigi Cantamessa, capo della fondazione, il percorso lo ha fatto tutto. E si è persuaso. «Impossibile dire di no» a Giorgio Ferraris, sindaco di Ormea che, nei primi anni di mandato, guidò migliaia di valligiani a bloccare l’autostrada per scongiurare la chiusura della ferrovia e ora si è impegnato a farla rinascere. «La Ceva-Ormea è l’opera più importante che lo Stato abbia realizzato in valle. È un nostro dovere morale non permettere che vada perduta. La ferrovia ha modificato l’economia locale, portando industria e turismo. Non risolverà i tanti problemi, ma potrà dare una speranza di ripresa, anche nell’ottica di una riconversione, che valorizzi l’agricoltura di montagna e il turismo», dice Ferraris. 

    I treni (tranne l’8 dicembre, «corsa di Natale») partiranno tutti alle 9,05 e rientreranno alle 19,51 a Torino Porta Nuova. Soste a Lingotto, Carmagnola, Savigliano, Fossano, Mondovì, Ceva, per poi entrare in val Tanaro, con tappe a Nucetto, Bagnasco, Pievetta di Priola, Garessio e Ormea. In primavera altre «uscite». Con gli itinerari «bianco», «verde» e «giallo». Come sarà il convoglio è ancora top secret. Dovrebbe trattarsi di tre carrozze «100 porte» da 80 posti l’una, con sedili in legno, un vagone di servizio e una locomotiva (a settembre e ottobre un diesel D345, a dicembre un antico locomotore a vapore). Un po’ diversi dalle littorine a cui gli ormeesi erano abituati, dando loro due nomi differenti, a seconda della direzione: «sbrivazzu» quando arrancavano in salita, «scuriazzu», se scorrevano verso valle. Su un’infrastruttura prodigiosa per quei tempi, il ponte dalle 40 arcate che, all’ingresso di Ormea, ha retto anche alla tragica alluvione del ’94.



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  3. In data 18/08/2016 16:33:32 a pubblicato
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    Piacenza, rivolta degli immigrati: “Dateci 2.000 euro oppure occupiamo il Ferrhotel”/Video

    immigrati

    Gli immigrati marciano anche su Piacenza. Arriva sotto il municipio la protesta dei sedicenti profughi mantenuti da oltre un anno dalla collettività. La manifestazione svoltasi in mattinata è illegale in quanto non autorizzata dalla questura. Gli immigrati hanno urlato sotto le finestre del comune per chiedere un incontro con il sindaco Dosi. Il 10 luglio infatti è terminato lo stato di emergenza, e il 10 agosto finiranno gli aiuti che hanno permesso loro di rimanere sul nostro territorio. Gli stranieri chiedono soldi per andarsene o di lavorare. La prefettura ha proposto 500 euro a testa ma loro ne vogliono almeno 2000. A garantire l’ordine e la sicurezza del palazzo comunale un codone di carabinieri, Digos e polizia municipale.

    Una delegazione di 4 profughi è stata ricevuta in comune. Alcuni dei manifestanti erano armati di ferri e catene che sono stati sequestrati dalla Digos. Il sindaco Dosi ai profughi che ha incontrato: «Non possiamo far altro che dare 500 euro, purtroppo la situazione è questa e non c’è margine». I profughi dal canto loro si sono dichiarati insoddisfatti e hanno minacciato di occupare con la forza il Ferrhotel se non verranno esaudite tutte le loro richieste.

    La reazione della Lega Nord per bocca del consigliere regionale Stefano Cavalli- “L’onerosa parentesi profughi deve essere chiusa. Subito. Chiediamo al sindaco ‘tolleranza zero’ contro chi minaccia occupazioni e azioni eclatanti. I piacentini hanno sopportato fin troppo”.  “I piacentini hanno speso oltre tre milioni di euro per ospitare, in completa inattività, per due anni, oltre cento profughi, ben oltre la fine dell’emergenza libica – dichiara Cavalli -. In questi mesi alcuni migranti si sono resi responsabili di violenze, minacce, danneggiamenti alle strutture di accoglienza e oggi si permettono pure di rifiutare l’ennesimo aiuto (a perdere) concesso loro.

    La situazione è inaccettabile ed è chiaramente degenerata. Ci aspettiamo azioni decise e risolute. Basta sopportare in nome di un deleterio buonismo. La pazienza dei piacentini è finita”. “Si attivino quindi, immediatamente, le procedure per il rimpatrio. E i fondi che si vorrebbe assegnare a ciascun migrante vengano dirottati a favore dell’avviamento al lavoro dei nostri giovani e al sostegno ad anziani e famiglie, ai quali la politica è chiamata a garantire assoluta priorità”.



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  4. In data 18/08/2016 16:06:21 a pubblicato
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    Rimborsopoli Basilicata Corte Conti condanna 22 politici: restituite soldi

    POTENZA, 25 FEB – Ventidue fra amministratori e consiglieri regionali della Basilicata in carica fra il 2009 e il 2010 – fra i quali l’attuale sottosegretario alla salute Vito De Filippo (Pd) e l’attuale presidente della regione, Marcello Pittella (Pd) – sono stati condannati dalla Corte dei Conti a risarcire circa 196 mila euro di danni prodotti in seguito all’uso indebito di fondi per spese di rappresentanza.
    La sentenza – emessa il 20 gennaio scorso – è stata depositata il 20 febbraio e pubblicata oggi sul sito della Corte dei conti. In particolare, De Filippo (che allora era presidente della giunta regionale) deve risarcire 2.641,52 euro, Pittella 6.319,84. L’attuale deputato del Pd Vincenzo Folino è stato condannato a risarcire 7.538,08 euro. Amministratori e consiglieri condannati a restituire le somme appartengono a partiti di tutti gli schieramenti.

    Nella sentenza, la Corte dei conti ha scritto che l’esame dei documenti di spesa (circa quattromila) ha fatto ritenere "provata l’esistenza di un diffuso malcostume da parte dei consiglieri regionali" diretto ad ottenere "un illegittimo rimborso di ingiustificate spese, principalmente di vitto e alloggio". I giudici contabili, nel calcolare le somme da risarcire, hanno valutato "nel 20 per cento il concorso alla produzione dei danni da parte dell’ufficio di presidenza" del consiglio regionale "in ragione degli omessi dovuti controlli", riducendo quindi di un pari importo la somma richiesta a ciascun consigliere condannato.

    Ecco i 22 amministratori e consiglieri regionali condannati a risarcire le somme indebitante utilizzate: Antonio Autilio (euro 12.900,74), Giovanni Carelli (1.218,40), Vito De Filippo (2.641,52), Prospero De Franchi (15.396,20), Antonio Di Sanza (14.610,87), Roberto Falotico (13.984,64), Gaetano Fierro (8.560,06), Antonio Flovilla (7.448,80), Vincenzo Folino (7.538,08), Sergio Lapenna (2.721,44), Rosa Mastrosimone (11.840,84), Franco Mattia (2.265,40), Giacomo Nardiello (12.051,30), Nicola Pagliuca (2.097,20), Marcello Pittella (6.319,84), Antonio Potenza (2.773,72), Adeltina Salierno (12.171,87), Donato Salvatore (6.740), Vincenzo Santochirico (13.759,24), Luigi Scaglione (11.890,21), Gennaro Straziuso (28.744,28) e Rocco Vita (8.925, 03).



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  5. In data 17/08/2016 11:05:17 a pubblicato
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    Gli Hunza: vivono fino a 150 anni, non conoscono il cancro, e partoriscono a 65 anni. Ecco come si nutre la popolazione più longeva al mondo


    Gli Hunza p sono una piccola popolazione che vive nella parte settentrionale del Pakistan.Hunzas. Si ritiene sia la popolazione più sana e più longeva al mondo; secondo una statistia sono le persone felici sulla terra e non conoscono il cancro. Sono soliti fare il bagno in acqua fredda e danno alla luce bambini anche all’ età di 65 anni.

     Il chirurgo britannico Dr. Robert McCarrison. Scrivendo nella AMA Journal ha riferito:

    “Nel popolo Hunza non si conoscono casi di cancro. Hanno  un abbondante raccolto di albicocche. Li asciugano al sole ed lo utilizzano in gran parte come loro cibo “.

    Non consumano prodotti alimentari importati, seminano e raccolgono il proprio cibo. Hunzas consumano sempre frutta e verdura cruda, albicocche secche, noci, diversi tipi di cereali come il grano saraceno, miglio e orzo, latte, uova, legumi e raramente formaggio. Non fanno mai spuntini.

    Il popolo Hunza mangia un poco e cammina tutto il giorno.

    Come da tradizione, gli Hunza  non mangiano nulla per un periodo di 2 a 4 mesi. In quel periodo, bevono solo succo di albicocca secca. Questo periodo viene chiamato “Primavera di fame”.
    Il popolo Hunza digiuna nel periodo in cui i frutti non sono maturi per il raccolto.

    Gli esperti medici affermano che questo periodo di digiuno e la loro dieta è il motivo per cui vivono così a lungo e hanno una vita sana. Si ritiene che probabilmente le elevate quantità di albicocche sono il motivo per cui non soffrono di tumore e / o di cancro. I semi di albicocca contengono la vitamina B-17, noto e potente agente anti-cancro.

    Si racconta che alcune persone Hunza abbiano vissuto fino a 150 anni. Grazie allo stile di vita sano e ad una dieta sana hanno un aspetto sempre più giovane e le loro donne riescono partorire a 65 anni di età.

    In una storia pubblicata nel 1984 si raccontava dell’arrivo a Londra di un certo Abdul Mbundu. L’uomo, proveniente dal popolo Hunza, arrivato a Londra, ha stupito gli addetti alla sicurezza in aeroporto quando ha mostrato le sue carte riportavano la data di nascita nel 1832.

    Gli esperti in un congresso nazionale sul cancro svoltosi a Parigi nel mese di agosto del 1977, riferirono che i dati della “geocancerology” (una scienza che studia il cancro nelle diverse regioni del mondo) mostrano una completa assenza di cancro solo nella Valle di Hunza.



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LE TUE MANI

Grande è la gioia che provo quando posso stringere le tue mani.
Sento esprimere tutte le cose che non mi hai mai detto,
sento che ancora mi vuoi bene,
anche se non te l'ho mai chiesto.
Nelle tue mani ho messo il mio cuore
e tutto l'amore vero e sincero.
Il tempo è passato ma il mio sentimento non è mai cambiato è ancora forte e vivo.
Spero ancora di stringere le tue mani,
sentire che col pensiero mi sei vicina.
Ti prego! non negarmi la gioia di un tuo saluto
e la speranza che un giorno non lontano,
ancora io possa stringere le tue mani.

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